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I diritti al centro delle Giornate europee dello sviluppo a Bruxelles

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EDDdi Stefania Piccinelli – GVC

Due giorni intensi a Bruxelles quelli del 3 e 4 Giugno per le Giornate Europee dello Sviluppo (European Development Days – #EDD15). Migliaia i partecipanti, 50 gli stands, 130 le conferenze ed i workshop in programma. Quindici le tematiche, o meglio le sfide del futuro, affrontate e dibattute: Cibo, Educazione, Cittadinanza, Salute, Clima, Energia, Sviluppo Urbano, Inclusione, Finanze, Crescita, Lavoro, Migrazioni, Genere, Diritti Umani e Commercio.

Con lo slogan del 2015 Anno Europeo dello Sviluppo “our world, our dignity, our future” (il nostro mondo, la nostra dignità, il nostro futuro), le giornate europee dello sviluppo, appuntamento fisso per chi si occupa di cooperazione allo sviluppo, rivestono quest’anno un’importanza particolare. Il 2015 è un anno cruciale, gli European Development Days hanno infatti inaugurato un semestre in cui 3 eventi mondiali segneranno il futuro del pianeta e degli esseri umani che lo abitano.

Primo appuntamento a luglio, ad Addis Abeba, dove si terrà la terza conferenza “Financing for development”, e si deciderà chi, quanto e su cosa investire per lo sviluppo ma soprattutto per la lotta alle diseguaglianze, ormai non più solo tra paesi ma anche all’interno dei paesi e delle regioni, non solo in via di sviluppo. Sia il Presidente della Commissione Europea Jean-Cluade Junker che quello del Parlamento, Martin Shulz, hanno ricordato in maniera molto forte l’impegno della Unione Europea ad arrivare allo 0,7% di Aiuti Pubblici allo Sviluppo (ODA = Official Development Aid). Junker è andato anche oltre, bacchettando dal podio della sessione plenaria di apertura degli EDD, gli stati membri che hanno addirittura abbassato il proprio ODA o che rimangono inesorabilmente il fanalino di coda della solidarietà europea, come l’Italia con il suo 0,13%.

Secondo appuntamento importantissimo del 2015 è quello di settembre a New York, ove la 70° Assemblea della Nazioni Uniti sancirà i futuri obiettivi dello sviluppo mondiale, dopo gli 8 Obiettivi del Millennio (impegno dell’Assemblea Generale del 2000), che hanno mostrato l’inadeguatezza del paradigma Sviluppo/Sottosviluppo, Nord/Sud del mondo. Il futuro saranno gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile, Sustainable Development Goals (SDGs), obiettivi che coinvolgeranno tutti e non solo i paesi in via di sviluppo, sancendo finalmente che il mondo è uno e così come i problemi sono inscindibilmente correlati, così lo sono anche le soluzioni. Sfide come migrazioni e consumo sostenibile, piuttosto che governance e rispetto dello stato di diritto, sono al centro degli SDGs ma anche diritto al cibo, lotta al cambio climatico e accesso ad acqua ed energia. Le 15 tematiche attorno alle quali si è dibattuto durante le due giornate di Bruxelles rispecchiano la complessità della sfida del futuro.

Ultimo appuntamento a chiudere questo 2015 spartiacque sarà a Parigi, a fine anno, la Conferenza sul Clima. Occasione che non può essere sprecata e che segna in maniera indelebile la connessione tra sviluppo umano e ambiente, cuore degli SDGs. Il risultato di Parigi è lungi dall’essere scontato, mentre gli stati del mondo sembrano aver raggiunto un consenso più o meno largo sull’Agenda post-2015 per ciò che riguarda lo sviluppo, altrettanto non può essere detto per l’accordo sul cambio climatico.

In realtà tanto del consenso sugli SDGs si giocherà ad Addis Abeba dove si capirà quanto gli SDGs resteranno una dichiarazione di intenti o un impegno reale da parte degli stati: che impegno finanziario necessitano gli SDGs? Chi si impegnerà in questo senso? Come garantire che le risorse finanziarie vadano realmente a incidere in maniera positiva sul raggiungimento degli obiettivi prefissati? Per questo, al di là delle questioni più puramente tematiche, le due parole d’ordine a Bruxelles sono state in questi giorni “measuring” e “accountability”, quindi i numeri che indichino chi ha bisogno, dove e soprattutto l’impatto reale dell’investimento “sviluppo”. Come misurare però coi numeri complesse dinamiche che dal globale vanno al locale? Questa resta una sfida, una sfida che a nostro avviso non può essere vinta solo coi numeri ma anche e soprattutto con un’adesione reale ai valori di fondo di giustizia, equità e rispetto per l’ambiente che si rifletterà tanto negli investimenti dei governi ma anche nella coerenza delle politiche con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. L’inefficienza del sistema sta anche ne dare con una mano e togliere con l’altra.

Al centro del dibattito i diritti: delle comunità più povere, delle donne, delle persone anziane, entrate nella nuova agenda per lo sviluppo, così come i migranti. Il Direttore Generale della Commissione Europea per l’Immigrazione e Affari Interni, presentando la nuova politica Europea in materia di migrazione, ha affermato che migrare dovrebbe essere una scelta e non una necessità. Ma la questione che resta aperta è come rendere tutto ciò possibile in un momento storico in cui, parole del presidente della Commissione Junker, gli stati europei non si mostrano solidali nemmeno in tema di accoglienza.

L’affermazione di Federica Mogherini, Alto rappresentante per le relazioni esterne, nella sessione plenaria di chiusura della prima giornata di lavori “l’Europa è al ancora al centro del mondo nelle cartine geografiche, ma non lo è più ormai da molto nella realtà” la dice lunga sulle sfide che ci attendo per il futuro. La Mogherini attenua però in parte questa affermazione con un altro leit-motif degli EDD: l’Europa ha ancora un ruolo importante da giocare ed è nella costruzione di partenariati basati su responsabilità condivise. In tutto ciò la società civile e i giovani hanno un ruolo fondamentale già da oggi nella costruzione di una vera cittadinanza europea e nella promozione di equità e sviluppo.


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